Scrivere bene riesce a molti; scrivere in modo efficace riesce ad alcuni; scrivere in modo sintetico riesce a pochi. E tra quei pochi sono certa, anzi certissima, di non poter essere annoverata, giacché io con le parole ci gioco, mi ci arrotolo, mi ci accartoccio, e guai a me se dico in tre righe quello che potrei dire con dieci. La sintesi non rientra tra le mie qualità: tra il razionalismo della Bauhaus e le architetture barocche di Lecce, non ho dubbi su cosa scegliere per rappresentare il mio rapporto con le parole.
A volte giocare con le parole è molto gratificante: senti che il lettore ti segue proprio per il gioco che gli proponi. A volte però bisogna contenersi, ed è proprio con questo intendimento che ho deciso di iscrivermi al corso sulla scrittura sintetica, organizzato oggi presso l'Istituto Tiforma di Firenze. Giorno di ferie, pagamento in proprio della quota di iscrizione: il mio ente ritiene che la formazione su questo tema non rientri tra gli obiettivi di miglioramento che è disposto a condividere con me. Peccato per lui, dico io, visto che evidentemente non sa che nel 90% del mio tempo io scrivo: atti amministrativi, report, progetti, comunicati stampa, mail, recensioni, percorsi di lettura, testi per il web, post per la pagina istituzionale di Facebook o tweet sull'account istituzionale. Che il braccio destro non sappia che cosa fa il braccio sinistro è cosa talmente consueta da avere dato vita ad una frase stereotipata, e quindi tiremm'innanz.
Alte aspettative, dunque, che sono chiamata ad adattare nel corso della giornata, visto che poi si finisce col parlare quasi completamente di altro: tutte cose interessanti e utili, ma non necessariamente attinenti a ciò che io credevo o speravo fosse il focus del corso. Titolo sbagliato, tutto qui. Meglio si fosse parlato di "scrittura efficace", senza riferimento alla sirena della sintesi dietro alla quale sono corsa.
Il docente è persona di esperienza, che si muove bene nella materia e coglie prontamente il lato positivo della scarsa numerosità dei partecipanti per coinvolgerci in una serie utile di esercizi pratici. Peccato la mancanza di materiale didattico strutturato: quel bel mezzo chilo di fotocopie rilegate, o quel bel failone in PDF con una montagna di articoli di approfondimento che ti fanno giurare e spergiurare che li leggerai subito, la sera stessa, approfittando della freschezza delle nuove nozioni apprese, e che di frequente vanno ad arredare le biblioteche domestiche o le memorie dei pc, senza essere degnati di uno sguardo.
Nei miei corsi sono solita offrire ai partecipanti un bel po' di materiale di approfondimento, perché so quanto questo materiale possa incidere sulla percezione soggettiva sulla qualità dell'offerta formativa. Spero dunque che il docente tenga fede alla promessa di inviarci alcune proposte di approfondimento sui temi affrontati.
Mi diverte pensare di non aver condiviso con gli altri partecipanti la valutazione sul carattere spontaneo della scrittura della lista della spesa. Ma, signori miei, in tempi di spending review, quando è sempre più difficile arrivare alla fine del mese, fare la lista della spesa è un'arte che richiede una grande maestria: occorre valutare attentamente lo stato delle scorte, pianificare nell'immediato i consumi a venire, confrontare le offerte speciali di diverse catene commerciali (e quindi dar vita a liste diverse), documentarsi sul tipo di lampadina di cui abbiamo bisogno, trascrivere il modello del flacone di deodorante per ambienti di cui vogliamo acquistare la ricarica per poter evitare di buttare via i nostri soldi per articoli inutilizzabili.
E se tutto questo lavoro vi sembra piú facile e spontaneo che scrivere una lettera di protesta o comporre un comunicato stampa, signori miei, significa che non siete voi a casa a fare la spesa, ma c'è qualcun altro che ci pensa. That's why.