Questa settimana si conclude di fatto la mia ormai lunga esperienza di insegnamento all'università di Firenze, con la discussione delle ultime tesi di biblioteconomia. Dieci anni di insegnamento a contratto, che hanno rappresentato per me una esperienza sicuramente interessante e utile sul fronte umano e professionale: avere a che fare con studentesse di poco più di vent'anni, che nulla sanno delle biblioteche, è cosa diversa rispetto alla situazione che vivo da docente dei corsi di aggiornamento professionale per i colleghi già in servizio. Devo usare un linguaggio diverso, devo impostare in modo differente l'intero impianto delle lezioni e soprattutto trovare costellazioni diverse di riferimenti.
L'esperienza è stata molto interessante, ma anche faticosa: ritagliata tra il venerdì pomeriggio e il sabato mattina, ha rappresentato un impegno aggiuntivo ad una settimana di attività già molto intensa, proprio nei momenti che per orario di lavoro ufficiale (ma non quello ufficioso!) avrei potuto dedicare al riposo. Se da un lato mi dispiace di questa conclusione, dall'altro però provo una sorta di sollievo per questo impegno che non ci sarà più. Salvo poi rendermi conto che quel tempo guadagnato si riempirà magicamente di qualcosa da fare, che non mi permetterà di godere del riposo ritrovato.
Perché, al di là di tutto, vale sempre la Legge di Parkinson: che, tradotta alla Rasetti, più o meno suona così. Per quanto possa liberarmi da alcune incombenze, il resto che rimane si prenderà tutto il tempo che finora quell'incombenza si prendeva. Ovvero, metti nella tua giornata più cose possibile: ci sarà sempre modo di farcele entrare.